

Intervista a Stanislao Fabbrino, presidente Fruttagel e amministratore delegato Deco Industrie, che torna dal Giappone con una certezza: la Dieta Mediterranea non è nostalgia, è il futuro. E i numeri lo dimostrano. Nella sua recente presentazione a Osaka ha aperto con dati che solitamente appartengono agli epidemiologi, non agli amministratori delegati: 97.821 morti prevenibili all'anno in Italia per cattiva alimentazione. Una scelta precisa, che anticipa la direzione del suo gruppo cooperativo.
Perché un Ceo industriale parte da statistiche epidemiologiche invece che da analisi di mercato?
Per due motivi fondamentali. Il primo è coerenza con i principi cooperativi: non ci limitiamo alla sostenibilità economica, ma lavoriamo su quella ambientale e sociale. Salute e alimentazione sono strettamente correlate, e una società cooperativa non può ignorarlo. Il secondo motivo è strategico: il consumatore guida le sue scelte di acquisto in base alla salute, indipendentemente da come le imprese promuovono i prodotti.
Può fare un esempio concreto?
Prendiamo Fruttagel e i nettari di frutta. La Dieta Mediterranea dice chiaramente che lo zucchero va consumato con moderazione. Noi potremmo fare pressione comunicativa sui prodotti zuccherati, ma vediamo che il consumatore premia spontaneamente quelli con la scritta "senza zuccheri aggiunti". Il consumatore sa meglio dell'uomo di marketing cosa fa bene alla sua salute. Allora dico: è meglio raccontare la verità, non una verità che ci conviene perché abbiamo quei prodotti in gamma.
«Il consumatore sa meglio dell'uomo di marketing cosa fa bene alla sua salute. È meglio raccontare la verità, non una verità che ci conviene»
Ma questo approccio non mette in discussione il vostro stesso business?
Ecco il punto. C'è una sostenibilità del secondo tempo, quella che ti fa sposare dei principi anche quando possono mettere in discussione un po' il tuo profitto. Altrimenti stai dicendo un'altra cosa. Se faccio merendine al cioccolato, faccio fatica a dire al mondo che lo zucchero fa male. Però allora devo decidere cosa voglio fare: l'approccio sostenibile e il bene del consumatore, o un'altra cosa. Non posso stare in tutte e due le parti.
L'esempio più emblematico?
Granarolo, di cui sono consigliere di amministrazione. Il formaggio nella Dieta Mediterranea sta verso l'apice della piramide, non alla base. Non voglio demonizzare nessun cibo, ma non possiamo pensare che gli italiani consumino tonnellate di formaggio senza conseguenze. Qual è la risposta strategica? Quella che fa Granarolo: esportare l'eccellenza italiana nel mondo. Il 40% del fatturato viene dall'export di burrata, gorgonzola, parmigiano. La coerenza la trovi lì.
Un parallelo illuminante.
Pensi al vino. Sono decenni che i consumi calano in Italia, e nessuno lo ha imposto: il consumatore c'è è arrivato da solo. La risposta delle aziende? Focalizzarsi sulla qualità. Io al ristorante bevo un calice di vino a pasto, ma lo voglio buonissimo. È il lavoro che ha fatto la Francia meglio di noi. Non serve andare contro concetti nutrizionali chiari: se non ci arriva il consumatore perché glielo dico io, ci arriverà da solo. Meglio adattare la strategia prima.
«Non serve andare contro concetti nutrizionali chiari: se non ci arriva il consumatore perché glielo dico io, ci arriverà da solo. Meglio adattare la strategia prima»
Il 14 ottobre a Milano verrà presentato un sistema che assegna un punteggio mediterraneo a ogni prodotto. Che ne pensa?
Sono assolutamente favorevole. Serve una bussola, perché il messaggio deve arrivare al consumatore in modo semplice e oggettivo. Altrimenti prevale il racconto distorto: «Mio padre è vissuto con un bicchiere di vino e un panino al salame e siamo tutti belli». Peccato che il mondo sia cambiato. E questo racconto l'ho sentito fare anche da persone eccellenti, per difendere l'eccellenza agroalimentare italiana.
Ma i sistemi di valutazione creano sempre resistenze.
Lo abbiamo visto con il Nutriscore. Le discussioni nascono perché ognuno difende il suo prodotto: ogni scarrafone è bello a mamma sua, come diceva Pino Daniele. Ma i meccanismi di misurazione, se oggettivamente coerenti, danno al consumatore uno strumento in più per scegliere. Certo, possono spaventare. Ma torno al punto di prima: c'è una sostenibilità del secondo tempo che ti fa sposare dei principi anche quando mettono un po' in discussione il profitto.
Fruttagel e Deco sono pronte per questa valutazione?
Le nostre ricerche e sviluppo lavorano da tempo su prodotti più coerenti con la Dieta Mediterranea. A volte non è possibile: un dolce è un dolce. Ma per i sostitutivi del pane, che non contengono zuccheri, stiamo lavorando per ridurre il "dolce" mantenendo il gusto piacevole. Come su Fruttagel col "senza zuccheri aggiunti": solo gli zuccheri della frutta, lavorando su aromi naturali. Non edulcoranti, ormai sdoganati in negativo.
E il tema della frequenza di consumo?
Fondamentale. Io interpreto la Dieta Mediterranea da sempre, anche personalmente. Tutte le mattine bevo latte completamente scremato, consumo prodotti dolci, ma il tema è lo stile di vita e la quantità di prodotti al vertice della piramide. Le imprese devono focalizzare la ricerca e sviluppo su prodotti posizionati il più possibile alla base, e dare con schiettezza consigli nutrizionali sul consumo adeguato. È delicato, lo so, ma è l'unico modo per essere coerenti.
Il progetto richiede una governance condivisa tra tutti gli stakeholder. Siete disponibili a investire in questa azione di sistema?
Te lo dico con un sì convinto. Un cooperatore non può non cooperare: è la nostra identità, il nostro mestiere. È il motivo per cui esistiamo da trent'anni Fruttagel, ottanta Deco. Se abbiamo questa longevità è perché abbiamo capito, forse prima degli altri, che non basta parlare di profitto. Bisogna pensare a come impiegarlo, e non solo per condividerlo coi soci: per qualcosa di più importante. Se fai questo, duri nel tempo. È il segreto della cooperazione, dell'intergenerazionalità: la capacità di resistere nel tempo perché prima delle altre ha iniziato a parlare di Esg, a modo suo.
«Un cooperatore non può non cooperare: è la nostra identità, il nostro mestiere»
Quali requisiti vede come necessari perché il progetto funzioni davvero?
La coerenza. Faccio un forte richiamo su questo. Lavoro da tantissimo con la distribuzione, sono favorevolmente colpito dalla volontà di impegnarsi. Ma l'importante è verificare che i livelli più alti dell'organizzazione siano collegati e coerenti con quelli più bassi. Ancora vedo troppe dichiarazioni d'intenti nobilissime ai vertici, ma quando si fanno le scelte pratiche non c'è la stessa coerenza. Se la mano destra decide una cosa e la sinistra non lo sa, non si tira in porta: si continua a riparlarsi addosso.
Un esempio concreto?
Il buyer power, i meccanismi di contrattazione. Noi lavoriamo su bilanci di sostenibilità pluripremiati da decenni, come imprese. Ma a volte vedo entrare al mio posto, come fornitori, aziende che i bilanci di sostenibilità non li usano neanche per pareggiare l'altezza dei tavoli, non sanno cosa siano. Allora dico: bisogna essere coerenti. Non puoi dire pubblicamente che fai il paladino della sostenibilità e poi far entrare uno scappato di casa nella tua platea fornitori. O ci credi o non ci credi. Se ci credi, alle intenzioni devono seguire le azioni.
«Non puoi fare il paladino della sostenibilità e poi far entrare fornitori che non sanno cosa sia un bilancio Esg. Se la mano destra decide una cosa e la sinistra non lo sa, non si tira in porta»
Se la distribuzione abbracciasse davvero questo sistema, il Manifesto Cooperativo della Dieta Mediterranea di Legacoop troverebbe finalmente applicazione operativa?
Assolutamente. I valori che abbiamo sottoscritto - filiera etica, trasparenza, cultura del cibo basata su conoscenza - si tradurrebbero in metriche operative, dashboard condivise, standard comuni. La trasparenza diventa tracciabilità algoritmica, l'educazione alimentare diventa comunicazione dello score. E le cooperative che hanno già interiorizzato questi principi si troverebbero con processi e competenze già allineati.
Un vantaggio competitivo?
Un vantaggio di coerenza. Guardi la mission di Fruttagel: lavoriamo con l'obiettivo di creare benessere alimentare alle persone. È un concetto che va oltre il fare impresa, ha una visione più olistica, più futura. E se colleghi questo al fatto che alla base della piramide mediterranea ci sono i cibi con minore impatto ambientale, capisci che è il meccanismo più virtuoso per sposare nutrizione corretta e sostenibilità. Non possiamo far finta di non vederlo solo perché siamo posizionati su altri prodotti. È possibile costruire una strategia coerente. E se non sei capace di costruirla tu, sarà il consumatore a costringerti. Meglio adattarsi prima, perché la direzione sarà quella.
Fonte: www.greenretail.news